1 agosto 2008
Al museo possono accadere cose inaspettate. Ecco il racconto di un incontro extra-ordinario, che ha trasformato una normale visita in una esperienza, di quelle che difficilmente si dimenticano e che, mi fanno amare, se possibile, ancor di più questo luogo.

Roma, giornata caldissima di luglio. Decido che questo pomeriggio è il momento giusto per andare a vedere finalmente la retrospettiva sull’artista contemporaneo Mario Schifano, visita rimandata da troppo tempo. Prendo l’autobus e raggiungo la Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Percorro le sale, mi concentro sulle opere, mi rilasso. Ho appena terminato il mio “Schifano-tour”, mi aggiro tra i Burri, i Fontana e i Capogrossi della collezione permanente, quando mi sento chiamare alle spalle da una voce decisa e spontanea: “Signorina, lei lo capisce Schifano?”.
In un momento mi trovo seduta sul confortevole divanetto della sala deserta, a chiacchierare con una affabile e distinta signora di età avanzata. Presto scopro che si tratta di una persona totalmente assorbita, quasi logorata, da tre anni a questa parte, dalla durissima “occupazione” – come lei stessa la definisce – della ricerca di una casa. Tanto da recarsi in un museo non per ammirarne le opere ma per trovare la giusta concentrazione per leggere gli annunci.
Una parola tira l’altra, e la butto lì: “Non è che potrei farle qualche domanda per la rivista su cui scrivo?”. La Signora accetta di buon grado. Cominciamo.
Perché frequenta un museo?
Provo di bello la grande pace, apprezzo la temperatura ideale, apprezzo il silenzio. Qui posso concentrarmi e leggere.
Cosa la affascina del museo? C’è qualcosa che la infastidisce?
Non mi infastidisce niente. Ammiro il silenzio con cui le persone contemplano le opere, penso che con questo silenzio qualcuno le capisca. Non si può stare zitti a guardare per tanto tempo senza capire qualcosa, sarebbe da pazzi.
È venuta altre volte in questa Galleria?
Ci sono stata tre volte, è ad una fermata di autobus da casa; di solito vado alla Biblioteca Statale ma alle 15.00 chiudono, quindi vengo qui e continuo a leggere annunci.
Dunque il museo per lei non è un luogo di distrazione, in cui poter evadere dalle sue preoccupazioni...
Il museo per me adesso è unicamente luogo di pace dove cerco di risolvere i miei problemi quotidiani, mentre prima era un luogo di grande ricchezza, di cultura. Ci andavo spesso con la mia più grande amica, che ora non c’è più, giravamo tantissimo ed in tutti quei luoghi provavo un gran piacere proprio perché introitavo ricchezza.
E adesso non prova più il desiderio di visitare posti nuovi?
Le questioni che ho in ballo al momento mi tolgono la voglia di girare.
Quindi, se ho ben capito, quando viene al museo, non fa neanche un giro per le sale. Si ferma qui e legge gli annunci?
Le opere mi distoglierebbero soltanto dalla mia occupazione. Solo con Cascella, il mio pittore preferito, sarebbe diverso. Se qui ci fosse esposto Cascella, avrei cambiato posto, perché non mi avrebbe fatto trovare la concentrazione.
Al termine di questa breve intervista, la inusuale visitatrice ha continuato a ripetermi: “Mi dispiace, non le ho dato molto. E poi non sta bene dire che si va al museo per leggere in pace anziché per vedere le opere...”.
E invece mi ha dato tantissimo, cara Signora. In tanti anni frequentazione dei musei e di studio del loro pubblico, non mi era mai capitato un caso simile. Lei mi ha appena dato la conferma che il museo è un luogo accogliente, aperto alle più svariate e sorprendenti esigenze degli esseri umani. E in più, dopo le due ore passate insieme, la conferma che il museo non è necessariamente luogo di solitaria contemplazione, ma può essere occasione di aggregazione e scambio.
Io oggi al museo ci sono andata per togliermi di dosso l’inquietudine, lo stress, la maleducazione della gente e le brutture che mi portavo appresso da giorni. Per trovare la mia oasi di pace nel mio “territorio” preferito. E qui ho trovato molto più di quanto desiderassi.
Abbiamo passato un intero pomeriggio a conversare senza accorgerci del tempo che passava, fino a quando i custodi sono venuti ad avvertirci della imminente chiusura della Galleria.
Cara Signora, la ringrazio per il regalo che mi ha fatto. Dal canto mio, le auguro di trovare presto casa e, con essa, quella serenità che le consentirà di tornare in un museo e ritrovare il piacere di ammirare le opere del suo amato Cascella.