A dieci anni dalla sua scomparsa, rendiamo omaggio a Bruno Munari, uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del Novecento italiano, ma anche grande ricercatore sul tema dell'infanzia e della creatività, e inventore del metodo “Gioco con l’arte”.

Le “macchine inutili” (oggetti appesi in movimento) del 1933, la scimmia giocattolo Zizi del ’53, la lampada Falkland del ’64, insieme a tavoli, poltrone, posacenere e quant’altro, sono solo alcune delle sue celebri creazioni che hanno fatto parte della quotidianità degli Italiani dagli anni ’30 ad oggi.
Nel 1977, a coronamento dell'interesse costante verso il mondo dell'infanzia, Bruno Munari creò il primo laboratorio per bambini “Giocare con l’Arte” in uno dei più prestigiosi musei nazionali italiani, la Pinacoteca di Brera a Milano. Munari ricevette l’incarico di progettare uno spazio per i bambini all’interno del museo da Franco Russoli, allora Soprintendente di Brera, che voleva trasformare il museo da "torre eburnea e luogo sacro di pochi eletti" in un "organismo vivo", capace di essere "strumento di comunicazione di massa" e "servizio sociale". Il laboratorio, che allora durò tre mesi, fu un evento storico per la città e da allora suscitò un enorme interesse, sia in Italia sia all'estero.
Vicino ai metodi pedagogici della Montessori e al pensiero di Piaget, nei suoi laboratori Munari si fece propugnatore di una metodologia didattica basata sul “fare per capire”, sul “dire come, e non cosa, fare”. Contro ogni imposizione, i bambini erano piuttosto incoraggiati alla sperimentazione, al cercare e scoprire da soli, in modo autonomo: "Non è importante l'oggetto finito, ma il percorso che il bambino fa per arrivare allo stesso".
L'arte visiva, così, non era raccontata più a parole, ma sperimentata: le parole si dimenticano, l'esperienza no. "Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco" soleva ripetere l'artista, citando un antico proverbio cinese.
Sperimentando tecniche e regole ricavate dalle opere d'arte, i bambini scoprivano le qualità diverse dei materiali e degli strumenti. I bambini imparavano giocando! E soprattutto, a diventare indipendenti, senza l’interferenza degli adulti, e a risolvere i problemi da soli (“Aiutami a fare da me” era anche il motto di Maria Montessori).
Ogni laboratorio quindi, secondo questa concezione, diventa un luogo di creatività e conoscenza, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco, luogo privilegiato dove si fa “ginnastica mentale” e si costruisce il sapere. Spazio dove sviluppare la capacità di osservare con gli occhi e con le mani, per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi fin dall'infanzia.
Nei laboratori si osserva che cosa fanno gli altri, si fa pace con la paura di sbagliare e di non essere capaci, si scopre l’inatteso desiderio di scambiarsi esperienze.
Il metodo originario, ripreso e continuato per più di 30 anni, nei rispettivi laboratori in Italia e all’estero, da alcune collaboratrici dirette dell’artista-pedagogo – che hanno poi contribuito alla costituzione dell’“Associazione Bruno Munari” – è divenuto oggetto di un’accurata analisi critica al fine di consolidarne i fondamenti epistemologici e pedagogici. Il frutto di questo lungo lavoro è ora protetto dall’appellativo legalmente registrato “Metodo Bruno Munari®”, e lo scopo dell’Associazione è oggi quello di promuovere e sviluppare il Metodo nelle scuole, nei musei, nelle biblioteche, ovunque si ritenga importante lo sviluppo del pensiero progettuale creativo.
Per concludere, citiamo una significativa frase di Munari, che ogni adulto dovrebbe tenere bene in mente quando “pretende” di insegnare qualcosa ai bambini: "Giocare è una cosa seria! I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a diventare più sensibili. Un bambino creativo è un bambino felice!".
Nessun commento:
Posta un commento