giovedì 8 gennaio 2009

TRADIZIONI - Gli amici di Pasquino...la congrega degli arguti

8 giugno 2008

Questa settimana andremo a scoprire cosa si nasconde dietro "agli amici di Pasquino," statue la cui espressività va molto oltre il semplice valore estetico.

Pasquino non era l’unica “statua parlante” di Roma, altre sculture di questo tipo gli tenevano compagnia in città e oggi godono del suo stesso status giuridico. Tutte insieme formavano la cosiddetta “congrega degli arguti”. In questa seconda parte dell’articolo ne faremo la conoscenza, a spasso per questo museo all’aperto che è Roma, la quale ci restituisce come per magia pensieri, lamentele, proteste e prese in giro dei suoi cittadini attraverso i secoli.

La più nota era Marforio, figura barbuta distesa su un fianco, personificazione di un fiume (Tevere?) o forse del dio Nettuno, che decora il cortile di Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini. Fu rinvenuta presso il Foro di Marte e da qui probabilmente deriverebbe il suo nome: Martis forum. Marforio era considerato la “spalla” di Pasquino, poiché in alcune delle satire le due statue dialogavano fra loro: una poneva domande riguardo ai problemi sociali, alla politica ecc., e l'altra dava risposte argute.

Un'altra statua è conosciuta come Madama Lucrezia e si trova in un angolo di Palazzetto Venezia in piazza San Marco, adiacente a piazza Venezia. Questo enorme busto marmoreo, alto circa 3 metri, proviene da un tempio dedicato a Iside e raffigura una sacerdotessa di questo culto se non la stessa dea. Il soprannome deriva da una nobile dama del XV secolo, che si era innamorata del re di Napoli, il quale però era già sposato; Lucrezia si era recata a Roma per cercare di ottenere dal papa la concessione del divorzio per il sovrano, ma il tentativo fallì. L'anno seguente il re morì e l'ostilità del suo successore costrinse la dama a fuggire da Napoli per tornare a Roma, dove abitò appunto presso la suddetta piazza.


L'Abate Luigi è una statua di età tardo-romana, posizionata al lato della chiesa di S. Andrea della Valle, in Piazza Vidoni. Raffigura un uomo con una toga (un oratore? un console?) e il soprannome fu probabilmente ispirato dal deforme sacrestano della vicina chiesa del Sudario, il quale - secondo la tradizione popolare - rassomigliava molto alla figura scolpita.






Il Babuino (cioè babbuino) è una figura distesa di Sileno, divinità agreste, davanti alla chiesa di S. Attanasio dei Greci, nella centrale Via del Babuino. Funge da elemento decorativo di una fontana usata una volta per abbeverare i cavalli, sul cui bordo il vecchio personaggio se ne sta disteso sin dal Rinascimento. La statua, ghignante e deforme, come ogni ritratto di Sileno voleva, fu battezzata dai Romani “er babuino” perché la giudicarono così repellente da paragonarla ad una scimmia.

Tra via Alessandro Specchi e via Lata, la Fontana del Facchino, alimentata dall'Acqua Vergine, dapprima fu posta sulla facciata del palazzo De Carolis e poi trasferita lungo il suo lato destro, forse per proteggerla dagli urti delle carrozze.




Nonostante una relazione del Vanvitelli attribuisse l'opera a Michelangelo, la fontana fu realizzata da Jacopo Del Conte intorno al 1580 per incarico della Corporazione degli Acquaioli. Vi è scolpito un busto d'uomo dal volto sfigurato col berretto, le maniche rimboccate e un caratello fra le mani da cui versa acqua. La fantasia popolare gli attribuì parecchie identità, ma si tratta semplicemente di un “acquarolo”, impropriamente soprannominato “facchino”, uno di coloro cioè che di notte riempivano botticelle con l'acqua del Tevere o della Fontana di Trevi e di giorno la vendevano per strada o nella case.

Su tutte queste statue, come su quella di Pasquino, venivano appesi i consueti fogli satireggianti contro papi e potenti, di cui abbiamo scritto nel precedente articolo. Divertente, ma soprattutto antropologicamente interessante, è notare come il popolo abbia sempre attribuito le più disparate identità, caratteristiche e persino una personalità ad ognuna di queste sculture inanimate.

Goliardia? Culto animistico al limite dell’idolatria? Spontaneo istinto al gioco? O semplice necessità di affidare ad entità non perseguibili dalla legge la voce tagliente del popolo?
Quando si dice che alle statue manca la parola…

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