Storia di un bel progetto e di tanti bambini felici.... rimasti con un pugno di mosche, anzi di aquiloni, in mano.

Il progetto è stato ideato dall’Associazione Culturale “Lune d’Oriente” insieme al Servizio Didattico del Museo Nazionale di Arte Orientale di Roma, e promosso dal Comune di Roma nell'ambito delle attività di educazione interculturale e di educazione alla pace previste per l'anno scolastico 2007-2008.
Il progetto si è ispirato al romanzo “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini, che recentemente ha avuto un grandissimo successo internazionale, e all’Afghanistan, che proprio grazie a questo libro ha attirato l’attenzione di molti.
L’attività è stata articolata in varie fasi. Prima di tutto, gli insegnanti – tutti sensibilizzati al progetto in una riunione preliminare in Museo a loro destinata – hanno fatto leggere ai loro alunni una riduzione del romanzo, epurata delle parti più “dure” e concentrata piuttosto su usi, costumi e vita quotidiana dell’Afghanistan.
Nella seconda fase, l’incontro con gli alunni, è avvenuto a scuola. Qui gli operatori didattici del Museo, due per ogni classe, hanno insegnato ai bambini, divisi in gruppi, a costruire un aquilone. Questa fase è stata occasione per ribadire l’importanza del gioco degli aquiloni per i bambini afgani, a cui è stato vietato farli volare nei lunghi anni della guerra.
Inoltre, il lavoro di gruppo è servito da una parte per stimolare alla socializzazione ed alla cooperazione fra gli alunni, spesso portati ad agire individualmente, e dall’altra a incoraggiare la creatività e le abilità individuali, attraverso l’uso di materiali poveri o di riciclo.
Il secondo incontro con gli alunni è avvenuto in Museo, dove essi hanno avuto l’opportunità di conoscere da vicino la collezione archeologica afgana e di approfondire alcuni aspetti della civiltà islamica, come la preghiera, l’arte, la scrittura.
I bambini hanno poi assistito ad una proiezione di immagini relative all’Afghanistan (in parte messe a disposizione dal Contingente Italiano a Kabul) prima e dopo la guerra. E proprio le foto precedenti alla distruzione bellica hanno colpito bambini e insegnanti, abituati a vedere nei telegiornali immagini di un Paese arido come il deserto, e sorpresi di scoprire una terra ricca di laghi e cascate, rigogliosa di vegetazione, piena di monumenti e bei palazzi.
Le immagini sono state pensate come una sorta di illustrazioni de “Il cacciatore di aquiloni” , così gli alunni hanno potuto vedere coi propri occhi quanto avevano già letto nel romanzo: le varie etnie afgane, i costumi tradizionali, i cibi, i mezzi di trasporto, gli artigiani al lavoro, i bambini a scuola, la gente al mercato.
L’incontro conclusivo avrebbe dovuto essere di quelli che difficilmente un bambino dimentica nella sua vita. Le centotrentuno classi che hanno aderito al progetto, quindi circa 3000 bambini, dovevano incontrarsi al Circo Massimo per far volare tutti insieme gli aquiloni costruiti e “colorare il cielo di Roma”, come ci è piaciuto ripetere tante volte durante i laboratori, come un segno forte di pace.
Perché scrivo al condizionale? Perché ci sono state le elezioni. Perché il progetto è stato bloccato prima della sua conclusione.
Questa esperienza, fino a quando è potuta andare avanti, è stata di quelle che si definiscono con la “E” maiuscola. Tutti abbiamo imparato tante cose. Abbiamo visto bambini commossi dalla lettura del libro, e bambini che si sono immedesimati nei due piccoli protagonisti, Amir e Hassan, fino ad arrabbiarsi perché la mamma del primo ha abbandonato la famiglia quando il figlio era piccolo.
Abbiamo sentito insegnanti promettere che si sarebbero impegnate a far costruire agli alunni un aquilone a settimana, per giungere al giorno del volo ognuno col suo. Abbiamo visto cartelloni e disegni realizzati dai ragazzi, che ora sull’Afghanistan sanno molto più dei loro genitori. Abbiamo letto, qualche volta con occhi lucidi, i loro pensieri sul romanzo e sull’esperienza fatta nel corso dell’anno.
Abbiamo percepito la curiosità dei bambini verso l’alterità, siamo stati travolti da domande di ogni tipo. Abbiamo assistito, purtroppo anche a fianco di episodi di scarsa integrazione sociale, a bambini provenienti da Paesi lontani spiegare alla classe che gli aquiloni fanno parte pure della tradizione della loro terra, e ne abbiamo appreso i nomi nelle diverse lingue e i differenti modi di costruirli.
È raro lavorare ad un progetto così bello, potente, ben organizzato, curato in ogni suo dettaglio. Mettere in moto un macchinario così grande è stato faticoso, e il merito va alle professionalità delle straordinarie giovani archeologhe e orientaliste dell’Associazione “Lune d’Oriente” e al puntiglioso “pugno di ferro” della Dott.ssa Manna, responsabile delle attività didattiche del Museo.
Purtroppo le giunte comunali cambiano, le autorità si susseguono. I vecchi progetti, non importa se validi o no, vengono bloccati se non annullati. È la prassi. Gli aquiloni rimarranno negli armadi delle scuole. Peccato.
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